Archivi del mese: dicembre 2015

PAPA FRANCESCO: “AUGURI A TUTTI QUELLI CHE ASSOMIGLIANO AL NATALE

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Il papa Francesco ha detto sul Natale:
“Il Natale di solito è una festa rumorosa: ci farebbe bene un po’di silenzio  per ascoltare la voce dell’Amore.
Natale sei tu, quando decidi di nascere di nuovo ogni giorno e lasciare entrare Dio nella tua anima.
L’albero di Natale sei tu quando resisti vigoroso ai venti e alle difficoltà della vita.
Gli addobbi di Natale sei tu quando le tue virtù sono i colori che adornano la tua vita.
La campana di Natale sei tu quando chiami, congreghi e cerchi di unire.
Sei anche luce di Natale quando illumini con la tua vita il cammino degli altri con la bontà,la pazienza,l’ allegria e la generosità.
Gli angeli di Natale sei tu quando canti al mondo un messaggio di pace di giustizia e di amore.
La stella di Natale sei tu quando conduci qualcuno all incontro con il Signore.
Sei anche i Re Magi quando dai il meglio che hai senza tenere conto a chi lo dai.
La musica di Natale sei tu quando conquisti l’armonia dentro di te.
Il regalo di Natale sei tu quando sei un vero amico e fratello di tutti gli esseri umani.
Gli auguri di Natale sei tu quando perdoni e ristabilisci la pace anche quando soffri.
Il cenone di Natale sei tu quando sazi di pane e di speranza il povero che ti sta di fianco.
Tu sei la notte di Natale quando umile e cosciente ricevi nel silenzio della notte il Salvatore del mondo senza rumori ne’ grandi celebrazioni; tu sei sorriso di confidenza e tenerezza nella pace interiore di un Natale perenne che stabilisce il regno dentro di te.
Un buon Natale a tutti coloro che assomigliano al Natale.”

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Auguri a tutti voi ❤ Lorella


NON OFFENDERTI SE OGGI NON SONO COSI’ “BUONA” COME IL MARKETING VORREBBE, IL NATALE PER ME NON SI ESPRIME CON LE EMOTICONS, IO VORREI DIRE BUON NATALE DOMANI E DOPO E DOPO ANCORA

Non credo nel “natalismo”, nel periodo materialistico che ci bombarda di alberi, lucine, panettoni che fan rima con “buoni”. Non farmi gli auguri oggi se per tutto l’anno non ci sono stata, non fare gli auguri oggi se non hai capito che a Natale, Dio si fa uomo per stare con gli uomini tutta la vita.

2Natale 2015

Non offenderti se oggi non sono così buona come il marketing vorrebbe, il Natale per me non si esprime con le emoticons, non riempie i social di questo giorno peggio della spam, no tag, no inoltra, io vorrei dire “buon Natale!” domani, e dopo, e dopo ancora, buon Natale a te che corri a cercare l’ultimo pacchetto e non sai ancora a chi lo darai, buon Natale a te che le feste le usi per lavorare, buon Natale a te che parli di amore e poi critichi i tuoi compagni di classe, buon Natale a te che fai fatica ad abbracciare la tua bambina disabile, buon Natale a te che cerchi una casa per i tuoi figli, buon Natale a te che hai riempito la casa di figli e non accogli i loro cuori. Buon Natale da domani a tutti quelli che vivono nella povertà, agli ammalati, agli anziani, alle persone sole, a chi non ha luci nell’anima, Gesu’ nasce, nel buio, nel silenzio, nella povertà più grande, nella sofferenza il Bene si incarna.

Buona Nascita Amore!


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Seconda parte – Italiano con le italiane: intervista a Lorella Ronconi

Lorella Ronconi

Lorella Ronconi

Ora sono

Non smettete di farmi
sognare.
Non smettete di farmi
credere.
Non smettete di farmi
esistere.
Attraverso i vostri sogni
ora vivo.
Attraverso il vostro esistere
ora palpito.
Attraverso di voi
ora sono.
(da Sirena Guerriglia)

© Lorella Ronconi

Continuiamo a tempestare di domande Lorella Ronconi, poetessa grossetana o, come sicuramente lei stessa preferisce essere definita, maremmana doc. In questa seconda parte, si privilegia l’impegno sociale di Lorella, che la vede occupata nel promuovere una maggiore consapevolezza del diritto alla sessualità per le persone disabili e, all’interno della Fondazione Il Sole onlus, nell’organizzazione pratica della vita di chi non è normodotato.

Lorella, tu combatti per i diritti dei diversamente abili, oggi la tua battaglia è rivolta al riconoscimento a all’accettazione del loro desiderio sessuale: come è l’atteggiamento delle persone comuni, trovi comprensione, sufficienza o, peggio, disinteresse? C’è ancora reticenza nell’affrontare l’argomento?
Oggi, per quanto incredibile, ci sono quattro milioni di persone con disabilità in Italia (4,1, per la precisione), pari al 6,7% della popolazione. E’ questa la stima del Censis 2015, che prevede tra l’altro un trend in crescita, la maggior parte di loro non vive la propria sessualità a causa di tabù, luoghi comuni, retaggi culturali imposti proprio dalla “cattiva amministrazione della cultura”! Facciamo un esempio: forse nessuno sa che un giovane disabile viene “sedato” con il bromuro. Sì, è così che va: le famiglie nella disperazione (perché magari il figlio è più nervoso in alcuni periodi) portano il loro ragazzo dal medico di famiglia, e questi finisce con il prescrivergli il bromuro per azzerargli le pulsioni sessuali. Io credo, invece, che dobbiamo tutti, poco a poco, cercar di cambiare opinione e aiutare gli altri, anche le Istituzioni, a promuovere questo diritto a vivere la propria sessualità, nei modi che possiamo. Ecco, io cerco di sensibilizzare le opinioni a riguardo e cerco anche qualcuno che mi aiuti a fare altrettanto per questi “diritti negati”.

Il tuo impegno, la tua lotta, riguarda in particolare l’universo femminile: per solidarietà o per reale necessità?
Se si comincia a parlare di sessualità e affettività per le persone diversamente abili, difficilmente nell’immaginario collettivo appare la figura della donna, della ragazza disabile, della persona che è corteggiata da un uomo normodotato.
Se si parla di sesso e disabilità, subito ci appare l’immagine di un uomo in carrozzella con accanto una donna pseudo carina  normodotata. Eh no!.. Ancora non ci siamo. Siamo “otturati” di mente. Tante persone, del mio passato mi hanno detto:  “Tu non potrai mai  essere come una donna normale per un uomo, non ti illudere!”.
La maggior parte delle persone quando si trova di fronte ad una donna diversamente abile vede solo il suo handicap: più evidenti sono i segni dell’handicap, più il suo “essere femminile” sembra scomparire. Non esiste, nell’immaginario collettivo, che una donna disabile possa piacere, possa  suscitare desiderio sessuale e possa, di conseguenza, avere rapporti sessuali, relazioni sentimentali o essere madre.

Questa ulteriore forma di discriminazione con veste sessista come ti fa sentire? Che reazioni suscita in te?
Mi disturba moltissimo, io stessa la vivo da 53 anni sulla pelle: sentirmi invisibile persino nei discorsi sull’affettività fatti tra “esperti in materia”, mass media o disabili stessi: lo stereotipo, il retaggio che vuole la persona disabile “asessuata” porta in sé la cellula classista!!! Se si deve parlare di sesso per le persone disabili, nell’immaginario appare una figura maschile: nei film, nelle foto dei giornali sull’argomento appare un uomo in carrozzella, un disabile psichico di sesso maschile. Fateci caso, cercate sul web le foto di una donna disabile in carrozzella affiancando la parola sessualità…
Io stessa sulla mia pagina, per fare album su donne disabili e l’amore, ho dovuto cercare su siti stranieri: Spagna, Usa, Francia, Norvegia…

Le statistiche, però, dicono che gli uomini disabili senza amore sono in maggioranza rispetto alle donne. Ti trovi d’accordo con questa affermazione?
Nient’affatto! Io sono convintissima che sbagliano: alle donne non viene chiesto se hanno desiderio sessuale o desiderio di amore di uomo/donna o meno, spesso sono le donne stesse che non ne parlano, pensando di essere “donne poco serie” se raccontano dei loro desideri sessuali. Per cambiare bisogna parlarne.

Qual è la categoria delle persone più ottuse e quella delle più aperte? Perché?
Non ci sono categorie, l’ottusità e/o l’apertura mentale, di cuore, di coscienza, non si regola come l’audio alla tv, è trasversale, non ha partiti o credi religiosi, non aumenta con lo studio. Forse, dico forse, si può essere più aperti con l’esperienza nella sofferenza o grazie all’educazione ricevuta dalla famiglia.

Sei tra i membri fondatori della Fondazione Il Sole onlus e tieni particolarmente al progetto del “dopo di noi”: vuoi spiegarci in che cosa consiste e perché è fondamentale che anche le Istituzioni siano consapevoli e tengano conto del problema?
Il “dopo di noi” comincia con il prendere coscienza che le persone diversamente abili devono poter rimanere nelle loro case. “Dopo di noi” è una frase che significa «dopo i genitori, cosa succede?». Adesso le persone dai 18 anni in poi vanno negli ospizi, in residenze socio-sanitarie assistite (rsa) create per le persone over 65. La Fondazione Il Sole è nata per creare una casa famiglia per disabili under 65. Purtroppo le case famiglia (che al max devono disporre di soli 12 posti, altrimenti diventerebbero ospizi per disabili) sono poche rispetto ai giovani disabili che rimangono soli o che vogliono vivere da soli. Il “dopo di noi” è un progetto che va avanti, l’obiettivo massimo sarebbe l’assistenza domiciliare, l’autonomia nella propria casa, o in appartamenti in piccoli gruppi.

Ottimisticamente, o pessimisticamente, che cosa ti aspetti adesso dalle persone e dalle Istituzioni?
Per me o per gli altri? Per me più aiuto possibile, sono veramente molto grave come malattia rara ossea in stato progressivo importante, in verità senza fratelli e sorelle, spero di poter trovare cure per il dolore e sostegno di affetti e comprensione. Per le persone diversamente abili, spero davvero nell’apertura delle “menti”, nei bambini, nell’educazione familiare e scolastica, che possa crescere al rispetto, all’accoglienza, al diritto e all’ascolto umano dell’altro. Istituzioni e famiglie, speranze e paure… a volte vincono le seconde.

Un’ultima domanda: hai un sogno in un cassetto che ci puoi rivelare?
Beh, il solito! :) Diventare famosa come la Rossellini per i primi piani nelle copertine delle riviste più vip top, come testimonial per i prodotti di beauté, ma ormai sono superata in età, per cui passo al secondo sogno nel cassetto: un uomo da amare che mi ami tanto tanto, un compagno che mi aiuti, una spalla sulla quale piangere, un sostegno per la mia esistenza, e… vissero tutti felici e contenti!

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Italiano con le italiane: intervista a Lorella Ronconi – prima parte 

Featured Image -- 2018

Già in altre occasioni vi abbiamo parlato di lei, Lorella Ronconi, donna, poetessa, grande combattente per il riconoscimento dei diritti dei disabili. Questa volta, cogliendo seppure un po’ in ritardo l’occasione dell’uscita della sua seconda raccolta di poesieSirena Guerriglia, abbiamo chiesto a Lorella di rilasciarci un’intervista. La prima parte, la potrete leggere qui, di seguito a Fragile, una delle poesie contenute nella pubblicazione: una piccola richiesta molto intima e delicata di attenzione e amore. La seconda parte, la troverete nel prossimo post.

Fragile

Leggera delicatezza
sprezzante limitatezza
dell’umana caducità:
Fragilità.
Povero, solo, essere
che hai e non sei.

Maneggiare con cura
l’abbracciante creatura
mareggiata dell’amore.

Maneggiare con cura
il fragile di me
che forse
vi appartiene.

© Lorella Ronconi

Lorella, grossetana o, come di sicuro preferisci, maremmana doc, quando sei nata e in quali circostanze?
Nata nel 1962, 26 maggio, San Filippo Neri, il mitico santo nativo di Firenze, diventato sacerdote poi, chiamato da tutti Pippo buono, il santo della Gioia, inventore dell’oratorio, amante dei bambini. Mi sono sempre sentita affascinata da lui e chiedo sempre a Dio il dono della gioia. A volte penso che sia proprio Filippo Neri che mi ha trasmesso questo insegnamento. Mamma e babbo avevano provato in tutti modi ad avere figli, dicevano loro che probabilmente erano sterili: sono nata dopo 7 anni “per caso”, nessuno si è mai spiegato come mai e come mai dopo, nonostante le loro prove, non sono venuti altri bimbi.

Quando hai capito che non eri come gli altri ? Come ti sei sentita?
Ho preso “coscienza di me” intorno ai 5 anni, guardandomi un giorno allo specchio, mi sono vista un po’ bassa e con la testa grossa, qualcuno probabilmente mi aveva offeso con aggettivi sulla mia statura, mi ricordo che fui angosciata dalla mia testa, piena di dubbi, domandai a mamma se ero normale… lei mi rincuorò ed io mi sentii “a norma”.

A scuola, ti sei sempre trovata bene con i tuoi compagni di classe o hai avuto problemi?
Non sono andata all’asilo, dai 18 mesi in poi ho iniziato a girare per ospedali per capire il come e perché della malattia che avevo. A scuola sono stata inserita in una classe “normale”: nel ’68 furono sospese le scuole differenziali per disabili, ma esistevano ancora; mamma si batté per inserirmi in classe con altri bambini “normodotati”e non in collegio per disabili come tutti le dicevano. Fu grande amore, gioco, amicizia, accoglienza, con gli insegnanti e i ragazzi non ho mai avuto sentore di esclusione, anzi, ero spesso il centro, la capobanda di idee e giochi, a parte educazione fisica che non facevo. Rimanendo sola in classe, con mia gioia, potevo fare tutto quello che volevo!
Le superiori furono un trauma: per la formazione culturale, volevo andare all’artistico, ma era ancora privato e con tante scale (ogni scuola superiore aveva le scale…), fui costretta ad andare al commerciale, unica scuola con ascensore. Una tragedia: odiavo i numeri, totalmente; salvata dalle materie umanistiche e dalle lingue straniere, diplomata con grande fatica, mia; davvero i numeri ancora mi mettono in crisi!

Sei circondata da tanti amici che ti vogliono un mondo di bene, e lo sai: pensi che sia un fatto normale o che tutto questo affetto sia anche frutto di un tuo lavoro ai fianchi?
Si, sono davvero “circondata” a livello planetario, nel vero senso della parola, di amici, di persone che mi stimano. Non so perché, forse sono una persona positiva. Devo dire sinceramente che fin da bambina ero positiva, allegra, propositiva, trascinatrice di amici e di amicizie, amo la vita, amo le persone, tanto, a prescindere, credo nel bene, nel senso vero, provo per gli altri un grande bene, a volte penso che vorrei abbracciare tutti, stringere tra le braccia il mondo per dirgli: “Ti ringrazio! Ti voglio bene”. Non sono demente, o grulla, sono anche una testarda e impulsiva, ma credo davvero nella positività dell’altro. Comunque credo di avere avuto anche tanta fortuna, gli amici mi hanno “salvato la vita”, gli amici “motori” di vita per me.

Qual è la cosa più frustrante che devi affrontare quotidianamente?
Quotidianamente, quando si hanno gravi difficoltà motorie, si devono sopportare, anzi accettare molte cose, la mancanza di libertà, il doversi fidare e affidare agli altri, anche nell’intimità, farsi lavare, toccare, vedere, rinunciare a cose tipo: “il telecomando è su quel mobile, non lo posso prendere, non guardo la tv” oppure “Ho voglia di piangere, i fazzoletti non sono a portata di mano, non devo piangere”. La cosa peggiore è la mancanza di privacy, è strano ma le persone non hanno capito ancora che quando una persona in carrozzella, con difficoltà motorie, è al telefono, si devono spostare, allontanare. Se siamo in due ad un tavolo o sotto l’ombrellone o da qualsiasi parte e all’altro suona il telefono, lui /lei si alza e si allontana per parlare con calma, in privato, poi torna. Se suona il telefono a me, rimangono tutti lì attorno, è imbarazzante sentirsi ascoltato, osservato, non c’è privacy, nemmeno per chi mi sta chiamando… In genere preferisco non rispondere piuttosto che far sapere le mie cose. E’ un “vizio” culturale che mi manda in bestia, che non so come far capire al mondo!

Parliamo adesso dei tuoi libri: quando e perché hai cominciato a scrivere poesie? Che significato ha per te esprimere i tuoi sentimenti in questa forma?
Ho cominciato a scrivere poesie perché erano le cose più piccole che potevo fare; mi spiego: prima suonavo il piano, 10 anni… poi ho dovuto interrompere perché le scale, le ottave, mi infiammavano i polsi creandomi tanti dolori. Allora dipingevo anche, ma come il piano i dolori per l’uso dei pennelli ai polsi era tanto. Cominciai a scrivere favole, ma erano troppo lunghe, lo scrivere molto mi infiamma le articolazioni che non ho più, danneggiandomi i tendini, per cui quando un giorno un mio amico mi “costrinse” a partecipare ad un concorso di poesia a Recanati sulla disabilità  e mi “uscirono” Je roule e Centauri in un’ora in un bar in cui mi ero rifugiata per un caffè …, mi resi conto che l’arte creativa che tanto amavo e temevo di avere perso, ancora poteva essere mia compagna …. Je roule arrivò tra le finaliste al concorso Giacomo Leopardi. Il significato? Beh, io penso che sono le emozioni belle quelle che rendono un essere… “umano”. Senza emozioni come faremmo a vivere? La poesia è l’arte letteraria più piccola, più povera, ma più grande perché “è” l’emozione nel suo stato più essenziale. Bastano due versi per scatenare l’anima o il cuore.

Perché hai deciso di pubblicarle? Che cosa ti aspetti che il pubblico provi, leggendole?
Mi è arrivata per caso la possibilità, un po’ in contropiede, una sorpresa… Cosa mi aspetto? Beh, come dicevo prima, che possano dare piccoli “brillini”, piccole piccole emozioni mie da condividere con altri, ma poi non credo che chi scrive poesie, chi dipinge, o chi fa una qualsiasi arte abbia un’aspettativa, la fama, la ricchezza interessano solo quelli famosi. Voglio dire, certo, mi piacerebbe poterci guadagnare e non spendere, mi piacerebbe poter vendere i libri per avere dei soldi da investire in una nuova pubblicazione. Costa pubblicare i libri cartacei adesso, le poesie poi non vanno più, nelle librerie stanno in fondo, negli scaffali più nascosti. A chi interessa la poesia adesso? Ma non voglio smettere, non posso smettere di scriverle, smetterò piuttosto di pubblicarle.

Come scrivi nelle tue poesie, sei sirena e sei guerriera. Sirena, perché? Cosa rappresenta per te questa creatura fantastica? Guerriera, perché? Di quale arma vorresti poter disporre o ti piacerebbe maneggiare con più disinvoltura?
Guerriglia perché non sono guerriera, sono pacifista, ma combattiva e mi riprometto sempre di non abbattermi e di essere determinata nel perseguire il bene. Alla domanda posso rispondere con quello che scrissi quando presentai ufficialmente per la prima volta la raccolta di poesie :
«Se nella mia precedente raccolta di poesie (Je Roule, E.T.S., Pisa 2008) “ruotavo”, dopo tanta sofferenza provocatami dall’ignoranza delle persone riguardo la mia diversa abilità, dopo tanto sentirmi “mostro” e nascondermi all’altro, ecco che mi guardo allo specchio e mi sento Sirena. Riferendomi al mio vivere in carrozzella e ripiegandomi sulla mia condizione, adesso promuovo me stessa accettandomi con grande amore, con nuova forza e rinnovata autostima. Ho cambiato pelle, ora “guizzo”: ora sono una Sirena. Entità leggendaria, metà donna e metà fantastica frequentatrice delle più remote profondità del mare, la Sirena nuota e si muove in energica sintonia con il suo mondo; osserva, accucciata sulla roccia, le navi e i marinai e comprende che non potrà mai correre sulla terra ferma tra quei “piedi guerrigli”, né essi potranno mai nuotare negli abissi profondi degli oceani. “Tra voi e me c’è una distanza incolmabile”, sembra dire la Sirena, guardando lontano; la tristezza può impadronirsi di lei ma il tuffo guizzante la rinvigorisce, le rinnova le forze, la fa risentire combattiva, “guerriglia”. Lei, la Sirena, ed io, Lorella, crediamo fermamente nell’uguaglianza dei diritti e nella grande, magnifica ricchezza delle differenti abilità. L’unicità e l’irripetibilità di ciascuno di noi ci fa naturalmente guadagnare il diritto di essere parimenti accettati nella nostra normalità.»

Continua…

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PERSONE DISABILI RIMASTI ORFANI? NESSUN FUTURO PER LORO. SOLO CHI SI PUO’ PAGARE L’ASSISTENZA RIMANE IN CASA PROPRIA, GLI ALTRI NEGLI OSPIZI.LA LEGGE SUL “DOPO DI NOI” ANCORA IN ALTO MARE IN PARLAMENTO.

Non c’è futuro per i disabili rimasti orfani

Non c'è futuro per i disabili rimasti orfani

“Cosa ne sarà di mio figlio quando non potrò più assisterlo?”. E’ la domanda che angoscia le famiglie di 3 milioni di persone colpite da handicap gravi. Una fetta della popolazione che vive ai margini della società tra problemi quotidiani e ansia del domani. In Italia, salvo rare eccezioni, non esistono strutture capaci di garantire le cure e il calore umano necessario. Il rischio è finire in istituti di cura simili a gironi danteschi. Così, in attesa della legge sul “dopo di noi” finalmente all’esame del Parlamento, chi se lo può permettere si garantisce l’assistenza dei propri cari con l’eredità: come a Torino dove una famiglia facoltosa ha scelto di affidare la propria figlia ad alcuni magistrati

di ALBERTO CUSTODERO e ALICE GUSSONI
Da www.inchieste.repubblica.it
I “ghetti” del domani
di ALICE GUSSONI
ROMA – “Io spero che l’Aldilà non esista, perché se esistesse vedrei mio figlio dopo che sono morta. E questo sarebbe terribile. Non passa giorno che io non pensi a cosa succederà dopo di me, ma il futuro è solo un brutto pensiero”. Rita è la madre di Emanuele, un uomo di 51 anni affetto da disabilità mentale. Lei è stanca, la faccia di chi ha sempre dovuto lottare nella vita. Cosa succede ai figli disabili alla morte dei genitori? Una domanda che costringe in uno stato di angoscia milioni di famiglie. Sì milioni, perché i numeri sono alti. Secondo le stime dell’Istat il 25,5% degli italiani, oltre 13 milioni di individui, soffre di una qualche forma di disabilità e circa 3 milioni di questi sono affetti da disabilità gravi che comportano il massimo grado di difficoltà nelle funzioni motorie e sensoriali.

 

GROTTESCO, QUASI DA FILM DEMENZIALE, EPPURE È REALTÀ

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Foto trovata nei social, non posso che condividerla come condivido in pieno la frase scritta sopra.
È triste e fa cadere le braccia tanta incompetenza. Non uso aggettivi che mi verrebbero in mente, lascio a voi immaginarli.
Italia 2015 ecco la grande intelligenza!

Come disabile motoria vi posso garantire che ne vedo e subisco ancora tante, come quella di dover ancora stare fuori dai negozi, bar, ristoranti, alberghi, studi medici, cinema perché ci son scale e scalini…

Triste vita ai margini senza aver commesso reato.

© Lorella Ronconi


“Attimi InVersi”, LE MIE NUOVE POESIE IN UNO SPETTACOLO INTERPRETATE DA ESTHER GIUGGIOLI, TSION MULUSEW MOLA CON LA CHITARRA DI ANDREA DE SCISCIOLO

CHE EMOZIONE ALLO STATO PURO! SENTIRE LE PROPRIE POESIE INTERPRETATE DA VOCI IMPORTANTI, INTRECCIATE TRA MUSICA, INTERPRETAZIONE, CAPACITA’ E GIOVANE PASSIONE TEATRALE: UN  SOGNO INASPETTATO, GRAZIE INFINITE RAGAZZI!

Allo Spazio 72 a Grosseto serate dedicate alla scrittura d’autore, il 19 Novembre 2015 evento con la poesia di Lorella Ronconi.

Per la prima volta sono state interpretate ed ascoltate le poesie inedite di Lorella Ronconi insieme a quelle più conosciute, dalla voce di due lettrici giovanissime, Esther Giuggioli e Tsion Mulusew Mola, accompagnate dalla musica di un altrettanto giovane chitarrista, Andrea De Sciciolo, a presentare la serata Paola Salvestroni.

Lorella Ronconi ha scelto di presentare i suoi lavori inediti allo Spazio 72, circolo in cui la cultura è sempre protagonista, per dare continuità alla sua poesia e alla sua voglia di crescere in essa: in questo 2015 ha ricevuto tre premi (Roma, Abano Terne e Grosseto) che la confermano come una poetessa affermata a livello nazionale.

I suoi versi sono risultati vincitori in moltissime rassegne e premi nazionali ed internazionali, da Recanati ad Abano Terme, da Acerra a Roma, da Novi Ligure fino a Cattolica, con gli Awards della poesia. “Je roule”, la lirica dalla quale prende nome il suo primo libro, è stata inserita nelle antologie scolastiche edite da Zanichelli per la scuola media e frequenti sono gli inviti che provengono all’autrice dalle scuole di ogni ordine, interessate a lei come poetessa contemporanea.

Nel 2013 il libro ha varcato i confini nazionali, arrivando a Las Vegas, dove è stato tradotto in lingua inglese ed edito per gli States con il titolo “I Role Along”. Il volume ha inoltre vinto il premio Grosseto Scrive della Fondazione Grosseto Cultura nel 2014.

Biografie artistiche degli interpreti/lettori della serata

Esther Giuggioli (lettrice): ha studiato per 7 anni doppiaggio e teatro allo studio “Enterprise” di Grosseto con Alessandro Santini. Ha partecipato ad alcuni spettacoli di rilievo tra i quali “La famiglia Addams”, “Odissea nell’ospizio”, “Mary Poppins”. A Roma è rientrata tra le prime 12 partecipanti all’ “Accademia Nazionale del doppiaggio italiano” che sta ancora frequentando. A livello professionale ha doppiato “Ninas Mal”, “True Blood” e un cartone animato della “Marvel”. E’ diplomata come insegnante di doppiaggio, teatro e dizione e attualmente svolge anche il Servizio Civile nazionale con la Fondazione Il Sole a Grosseto per mezzo dei progetti Arci Servizio Civile.
Tsion Mulusew Mola (lettrice), sta svolgendo l’ultimo anno di liceo al “Rosmini” e fa parte del gruppo del “Teatro della Scuola” diretto da Fabio Cicaloni, partecipando al progetto “Dinamis”, teatro sperimentale, abilissima e ironica interpreta con grande impegno e passione.

Andrea De Sciciolo (accompagnamento musicale), ha studiato chitarra a “Musica arte” con Luca Pirozzi come insegnante, ha proseguito al “Cmm” e attualmente studia alla “Music Revolution” con Francesco Samà come insegnante. Ama così tanto la chitarra, acustica ed elettrica, da suonare in 4 gruppi contemporaneamente: in “Whan Mobile”, un gruppo che esegue brani originali; suona la chitarra anche in “Tributo a Vasco”, nel gruppo “Do Not Copy” e negli “Hunger”. Con gli “Whan Mobile” è in sala di incisione. Ha fatto diversi live suonando al teatro Moderno, al Comix cafè, al Cassero e il suo sogno è poter suonare per vivere e vivere per suonare. Anche lui sta svolgendo il Servizio Civile Regionale alla Fondazione Il Sole tramite l’Arci Servizio Civile.

Paola Salvestroni (presentatrice), laureata in filosofia, insegna filosofia e scienze umane al Liceo “A. Rosmini” di Grosseto. E’ autrice di testi poetici e di testi per canzoni; autrice e arrangiatrice, per il teatro ha curato la riduzione e l’adattamento di “Canto di Natale” di Ch. Dickens, rappresentato per la prima volta nel 2006 al Teatro degli Industri di Grosseto; nello stesso Teatro, a scopo di beneficienza, ha messo in scena alcuni spettacoli di sua creazione: “Ricordiamoci l’anima” e “Pubblicitando”, “Dopo carosello, tutti a nanna!”, “Storie allo specchio” con Fabio Cicaloni. Ha curato la riduzione teatrale e adattamento nel recital: “Il grande Gatsby. Il sogno americano” messo in scena con la direzione musicale di Carla Baldini nel 2014.


3 DICEMBRE 2015, GIORNATA MONDIALE ED EUROPEA DELLE PERSONE DIVERSAMENTE ABILI

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La Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 3 dicembre è stata istituita nel 1981, Anno Internazionale delle Persone Disabili, per promuovere una più diffusa e approfondita conoscenza sui temi della disabilità, per sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni ambito della vita e per allontanare ogni forma di discriminazione e violenza.

Dal luglio del 1993, il 3 dicembre è diventato anche Giornata Europea delle Persone con Disabilità, come voluto dalla Commissione Europea, in accordo con le Nazioni Unite.

Secondo quanto riportato dalla “Convenzione sui diritti delle persone con disabilità”, il fine da perseguire dovrebbe essere quello di proteggere ed assicurare il godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo, promuovendo la loro effettiva partecipazione ed inclusione all’interno della società.

Ma, con coscienza, oggi è possibile affermare che il nostro Paese nella realtà adotta tutte le misure appropriate per garantire i diritti riconosciuti dalla Convenzione ONU? Possiamo forse negare o dubitare che le persone con disabilità ancora oggi continuano ad incontrare barriere nella loro partecipazione come membri eguali della società e violazioni dei loro diritti umani?

Risale a qualche settimana fa la manifestazione “Nei diritti di ognuno il futuro di un’intera comunità”, che ha riunito il terzo settore della provincia di Reggio Calabria al fine di portare in primo piano lo stato di gravissima crisi in cui versa il mondo del sociale e dei servizi alla persona. Si è trattato di un grido di allarme che ha cercato di abbattere il muro del silenzio di una politica che, da un lato, concede come favore personale ciò che invece è dovuto come diritto e, dall’altro lato, opera tagli che portano a sistematici ritardi nel pagamento degli operatori sociali e al continuo abbattimento di risorse che sono già di per sé esigue, mettendo a rischio l’esistenza di importanti servizi sociali che operano per il sostegno, la cura e la riabilitazione di persone che presentano speciali bisogni. Diritti che vengono violati non solo nel campo dell’assistenza sociale, bensì anche in quello dell’assistenza scolastica. Si tratta di un danno esistenziale, che viola il fondamentale diritto delle persone con disabilità all’istruzione, ledendo valori garantiti e protetti dalla Costituzione. Questi e molti altri diritti vengono quotidianamente violati nel momento in cui la disabilità entra nel sociale, nel mondo della scuola, nel mondo del lavoro o si scontra con le barriere architettoniche.

Giornate come il 3 dicembre non sono la bacchetta magica che trasforma in realtà quello che per ora è “solo” un sogno: quello di vivere in comunità e città a misura di persona, di ogni persona. Comunità e città per tutti. Ma Giornate come questa contribuiscono almeno a rialzare il livello di attenzione e a ricordare che un impegno ancora più profondo deve essere profuso al fine di abbattere la cultura dell’indifferenza e della discriminazione che tutt’oggi esiste, sensibilizzando la cittadinanza alle tematiche della disabilità.

Giornate come questa ci aiutano a porre al centro la dignità, l’autonomia, l’indipendenza, la libertà di scelta, la partecipazione e l’inclusione sociale, il rispetto e la valorizzazione delle differenze e la disabilità come parte della diversità umana. E ci danno l’opportunità di affermare ancora una volta, citando la Convenzione ONU, che la disabilità è un concetto dinamico e in evoluzione, il risultato dell’interazione tra minorazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la piena ed effettiva partecipazione nella società su base di parità con gli altri.

In questo senso con fiducia si guarda alla giornata sui diritti delle persone con disabilità, in quanto tentativo di suscitare e di promuovere, attraverso eventi e manifestazioni, una riflessione più profonda ed una presa di coscienza maggiore da parte della collettività circa le difficoltà incontrate dalle persone con disabilità, procedendo verso il superamento delle barriere culturali per giungere ad una efficace inclusione sociale.

 

From : http://www.csvrc.it/reti-tematiche/disabilita/114-3-dicembre-giornata-internazionale-delle-persone-con-disabilita


“NONNO NATALE: «In che altro modo avrei potuto avervi qui tutti e stare insieme?»

Dovremmo goderci i nostri cari finché sono in vita, ma, secondo me, non solo per Natale.

Non amo fare pubblicità ma quando essa comunica messaggi educativi, sociali, civili importanti è giusto sottolinearne la valenza. Uno spot pubblicitario della catena di supermercati tedeschi EDEKA. Spot meraviglioso e azzeccatissimo ci  ci narra con grande verità, la realtà triste di solitudine che molti nonni vivono nel quotidiano e, con forza, nel periodo delle feste.

Uno spot che ben narra la condizione di molti genitori, di molte famiglie, di molti figli, in questo mondo “globalizzato” anche la famiglia è “sparsa” allontanata  oggettivamente e soggettivamente. Il padre nello spot si inventa un modo estremo per poter rivedere i figli tutti assieme nel giorno di Natale.  

L’idea? La difficoltà di un padre anziano (e di molti genitori purtroppo) a raccogliere intorno a sé figli e nipoti per il giorno di Natale. Il protagonista di questa pubblicità non demorde, mette in atto uno stratagemma per riuscire nel suo intento. Come andrà a finire? Non è il caso di rovinare la sorpresa, vale la pena vederlo.
«In che altro modo avrei potuto avervi qui tutti e stare insieme?» dice il padre ai suoi figli e nipoti.

Vale la pena stare insieme per davvero, non bastano i messaggini virtuali, non possiamo rimandare il presente, potrebbe non tornare mai piu’.


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