Il primo Lego su sedia a rotelle è stato esposto alla Nuremberg and London toy fairs, in Inghilterra. Lo rendono noto il blog Promobricks e il sito Bricksfans pubblicando alcune fotografie dell’evento. La compagnia danese nei mesi scorsi era stata accusata di non tutelare la diversità dei personaggi: la campagna #ToyLikeMe (giocattoli come me) aveva denunciato la mancanza di Lego disabili portando oltre 20mila persone a firmare una petizione online sul sito Change.org per invitare i vertici dell’azienda a cambiare rotta. “Il marchio esclude oltre 150 milioni di bambini disabili, che non si vedono così rappresentati. Si tratta di cambiare la percezione culturale della disabilità”, aveva detto a dicembre al Guardian Rebecca Atkinson, promotrice della campagna. La Lego inizialmente aveva cercato di resistere obiettando che la bellezza dei suoi mattoncini sta nel poter scegliere come assemblare i personaggi per costruire le proprie storie. Ma ora sembra averci ripensato
Et voilà, una “sirena” in carrozzella vicina ad un “marinaio” del battiecorri. Quasi un miracolo, poesie e baseball, qualcuno non riuscira’ ad immaginare quale sia il legame, eppure è solo… pura emozione.
La poesia che da’ e riceve dall’altro e, a sua volta dona. Tra il baseball e la poesie dei libri di Lorella Ronconi, Je roule e Sirena Guerriglia, un segno fatto a sua volta di emozionante poesia: l’anello di Roberto Cabalisti, un anello speciale, l’Italian Doughnut registrato da L.C.D.B. creato da specialisti orafi vicentini.
Un anello di congiunzione che contiene in se’ emozioni, come poesie, un gioiello che, assieme ai libri, lancia le sue emozioni da un video, che li presenta.
“ Io mio nonno non l’ho mai conosciuto. Mio nonno paterno, s’intende.
Mi hanno detto che era una persona buona, saggia. Mi hanno detto tante cose anche se quello che so di lui lo devo ai suoi quaderni e lo devo alla nonna che me li ha regalati.
Mio nonno era strabico, guardava sempre le cose da più punti di vista. Mio nonno quando suo padre gli aveva proposto di comprargli un’azienda si era rifiutato, ci sono compromessi a cui non si può scendere e lui non poteva non schierarsi con i deboli. Così ha fatto il sindacalista per tutta la vita. Mio nonno non era uno che si accontentava ma le sue grandi conquiste erano quelle che molti considerano piccole gioie quotidiane.
Mio nonno sapeva cambiare idea e dunque non era uno stupido, che solo gli stupidi non cambiano idea. Mio nonno era un sottufficiale della Folgore perché c’è stato un tempo in cui aveva creduto che il Fascismo coincidesse coi suoi ideali. Era scappato dopo l’otto Settembre per unirsi ai partigiani, mio nonno ha sempre lottato per la Libertà, aveva solo sbagliato luogo in cui cercarla.
Se in amor vince chi fugge, così non è in guerra. I nazisti lo catturarono in Toscana e lo portarono in un campo di lavoro. Lo picchiarono quando tentò di rubare un tozzo di pane dalle fauci del cane di una guardia, gli sputarono addosso solo perché la sua nazionalità non era quella giusta, non era più quella giusta.
Era il 29 giugno quando fece ritorno. A salvargli la vita fu un suo amico che gli impedì per tutta la prigionia di scambiare il rancio per le sigarette. Non preoccupatevi, ha recuperato tutti gli arretrati di tabacco con gli anni.
Forse per gli orrori che aveva visto commettere da certi uomini, forse per indole, mio nonno vedeva la natura come perfezione assoluta. Gli piaceva guardare la neve che cadeva e gli piaceva perché adesso, accanto al camino di casa sua, non doveva più temere il freddo. Gli piaceva dare le briciole di pane agli uccellini adesso che non era più costretto a lottare anche contro gli animali per sopravvivere. Gli piaceva vedere le stagioni che cambiavano un po’ come le guerre che finiscono e poi si ricostruisce.
A mio nonno, soprattutto, piaceva scrivere filastrocche e oggi, oggi che il giorno della Memoria sta per finire, ho pensato di farvi dono di ciò che per mio nonno era il fine della Vita. Così le righe che seguono sono sue, assaporatene ogni lettera, ogni virgola, ogni pausa.
Vivere
Dell’Universo cosparso di stelle,
di fiori, di bimbi, di mill’altre cose belle,
godere, godere della luce, del calore del sole,
di prati, di campi, di vigne e dipinte aiuole
e vivere, vivere non sviscerando codici o messali,
LA TRISTEZZA DI TANTE COPPIE IN CUI VI SIA UN DISABILE CHE VENGONO COMPLETAMENTE OMESSE DAL DIBATTITO SULLE UNIONI CIVILI E SULLE ADOZIONI, IL DIBATTITO SI DIMENTICA COMPLETAMENTE L’IPOTESI CHE UNO DEI PARTNER SIA UNA PERSONA CON DISABILITA’, LA STESSA DISCRIMINAZIONE IN MATERIA, CHE COLPISCE GLI OMOSESSUALI, LA VIVONO LE PERSONE DIVERSAMENTE ABILI, MA PER QUEST’ULTIMI NON VI E’ IN AGENDA DI GOVERNO NESSUN DIBATTITO.
Di Carlo Giacobini
«Il dibattito in corso sulle unioni civili – scrive Carlo Giacobini – sta completamente rimuovendo l’ipotesi che uno dei partner sia una persona con disabilità, con ciò che ne deriva in termini di potenziale accesso a benefìci, sostegni, supporti». E aggiunge: «La stessa discriminazione che fino ad oggi colpisce gli omosessuali la subiscono da decenni, con altre declinazioni, anche le persone con disabilità. Ma per queste ultime non sembra profilarsi soluzione alcuna. Anzi, il tema non sembra essere nelle agende politiche né all’orizzonte».
Le prossime settimane si preannunciano pervasive su ciò che finirà per sembrare un tormentone: quello delle unioni civili. Come spesso accade, l’iperbole di una questione cresce, sale, diviene congestizia, appare come unica questione nazionale, genera confronti da stadio e diverbi da osteria, pur su situazioni estremamente delicate e sensibili, giunge addirittura ad essere l’indicatore della civiltà di un Paese. Scontri trasversali e viscerali che possono sfaldare maggioranze o mettere in crisi i Governi. Ricordiamo – in un Paese dalla scarsa memoria – che l’analogo dibattito sui DICO (acronimo per “DIritti e doveri delle persone stabilmente COnviventi”) fu uno dei motivi della caduta del già traballante Governo Prodi nel 2008. Sembra che questa volta il Governo faccia “sul serio” e intenda seguire il trend di altri Paesi dell’Unione, regolamentando finalmente le «unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze». Il virgolettato non è un vezzo, ma riprende testualmente il titolo dell’unico Disegno di Legge al momento depositato al Senato: il DDL 2081 attualmente all’esame della Commissione Giustizia di Palazzo Madama a firma Monica Cirinnà e altri, e ampiamente sparpagliato sulla carta stampata, nei talk show, nei social (dove analfabeti di ritorno per qualche giorno assurgono a dotti civilisti).
Lungi da chi scrive esprimere in questa sede una qualsiasi espressione di favore o dubbio riguardo agli intenti dei proponenti o di orientamento a favore delle unioni civili fra persone dello stesso sesso. Il Disegno di Legge 20181 consta di 23 articoli tutti (a parte l’ultimo) molto densi sotto il profilo tecnico e civilistico. Il tutto – se approvato – impatterebbe non solo nelle unioni civili fra «persone dello stesso sesso», ma anche più in generale sulle convivenze stabili. Nella sostanza, si equiparerebbero anche alle unioni civili fra persone dello stesso sesso e alle coppie unite da “contratto di convivenza” (quasi) tutti i diritti e i doveri previsti nei casi di coniugio “convenzionale”. Questo, come detto, investe àmbiti civilistici estremamente delicati, come i diritti successori nel caso di decesso di uno dei partner, o i diritti per l’inserimento nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, ma anche doveri come quelli della reciproca assistenza o dell’obbligo di mantenimento o alimentare. Il partner – riconosciuto in un’unione civile – ha il diritto di agire nella domanda di interdizione, di inabilitazione o di amministrazione di sostegno, come pure avrebbe diritto a rapportarsi a pieno titolo con i sanitari che assistano il partner o con la struttura carceraria in cui questi sia detenuto.
Il tutto è assai interessante, ma anche in questo caso – come era accaduto nel 2008 con i DICO poi abortiti – il Legislatore sta completamente rimuovendo l’ipotesi che uno dei partner sia una persona con disabilità, con ciò che ne deriva in termini di potenziale accesso a benefìci, sostegni, supporti. In nessun passaggio, ad esempio, il Disegno di Legge Cirinnà menziona il diritto per il partner (stesso sesso o meno, poco ci importa) ad accedere a permessi, congedi o forme di flessibilità lavorativa o diritti di scelta della sede di lavoro, o rifiuto al lavoro notturno, nel caso in cui si assista una persona con disabilità. Ma tale rimozione è ancora più evidente nel collaterale dibattito sulla cosiddetta stepchild adoption (digressione: è assai bizzarro che nella culla del diritto si adottino lemmi anglofoni forse solo per rimuovere ipocritamente tensioni idealistiche). Dietro questa formula c’è una disposizione già vigente da ben trentadue anni. È infatti del 1983 la Legge 184, che ammette l’adozione del figlio del (nuovo) coniuge. L’adozione viene però vagliata dal Tribunale, viene richiesto il consenso del genitore biologico, viene soppesato l’effettivo interesse per il figlio, che deve sottoscrivere il consenso (se maggiore di 14 anni) o esprimere la sua opinione (se di età tra i 12 e i 14). A questo si aggiunge la consueta – e spesso pesante – valutazione del Tribunale sulla capacità educativa, sull’idoneità affettiva, sullo status personale ed economico e, non ultimo, sullo stato di salute di chi richiede l’adozione. Insomma, è tutt’altro che un’amabile passeggiata. Il Disegno di Legge Cirinnà intenderebbe estendere tale opportunità anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso. E questo è uno dei motivi di maggiore scontro in queste ore, divergenze sulle quali non entreremo in queste colonne.
E tuttavia questo non ci esime da un’amara constatazione di fatto, che è la risultante della raccolta pluriennale di storie di vita che molti nostri lettori potrebbero riportare: le enormi, spesso insormontabili, difficoltà per le persone con disabilità o per coppie con un partner con disabilità, magari nemmeno ingravescente, nell’ottenere affidi e, vieppiù, adozioni. Quel concetto di “salute” che molti Tribunali valutano è troppo spesso confuso con la disabilità ed è pregiudizio che diviene motivo di reale discriminazione. Era forse questa discussione l’occasione per alcune puntualizzazioni? Forse sì. La stessa discriminazione che fino ad oggi colpisce gli omosessuali la subiscono da decenni, con altre declinazioni, anche le persone con disabilità. Ma per queste ultime non sembra profilarsi soluzione alcuna. Anzi, il tema non sembra essere nelle agende politiche né all’orizzonte.
Il “Bonus assunzioni disabili 2016″ fa parte degli sgravi contributivi e gli incentivi previsti nel Decreto Semplificazioni di attuazione del Jobs Act per le aziende che intendono assumere lavoratori con disabilità. La sua applicazione è partita ufficialmente il 1 gennaio 2016 e ha la finalità di facilitare l’inserimento e di rendere migliori le condizioni lavorative dei lavoratori.
Potranno beneficiare del bonus assunzione tutti i datori di lavoro che assumeranno disabili nel 2016, tramite sgravi contributivi che consistono in una diminuzione della paga lorda mensile imponibile ai fini previdenziali.
Gli sgravi contributivi
Tali sgravi contributivi sono calcolati in base alla percentuale riconosciuta di disabilità del lavoratore assunto:
Per riduzioni di capacità lavorativa tra il 67% e il 79% o minorazioni ascritte dalla IV^ alla VI^ categoria del Testo Unico in materia di pensioni di guerra: al datore di lavoro spetta un bonus assunzioni pari al 35% della retribuzione mensile lorda, per una durata di 36 mesi;
Per riduzioni superiori al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria del testo unico in materia di pensioni di guerra: spetta un bonus occupazione pari al 70% della retribuzione mensile lorda per un massimo di 36 mesi, per ogni lavoratore assunto a contratto a tempo indeterminato;
Per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, spetta in caso di assunzione a tempo indeterminato o di assunzione a tempo determinato di durata non inferiore a 12 mesi, un bonus pari al 70% della retribuzione lorda mensile per una durata massima di 60 mesi.
Le spese rimborsabili
Inoltre, i datori di lavoro che assumono persone con disabilità, possono chiedere il rimborso forfettario parziale delle spese necessarie all’adozione di accomodamenti ragionevoli per i lavoratori con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%.
Tra le spese rimborsabili ci sono quelle sostenute per tecnologie di telelavoro, per l’abbattimento delle barriere architettoniche e per la formazione per il responsabile dell’ inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro.
Per avere diritto al bonus assunzioni disabili 2016 il datore di lavoro dovrà fare domanda all’ INPS, che verificherà i requisiti della domanda e le disponibilità economiche.
Le domande verranno prese in carico ed esaminate in ordine cronologico, una volta riconosciuta l’agevolazione il datore di lavoro potrà ricevere un conguaglio contributivo mensile.
Proteggi ancora guardinga Luna, il mio sonno solitario d’amore. Caccia i tremori ansiosi e bui dell’oggi passato, stai qui con me vegliami Luna, ancora paziente inquesta mia vita, incerta, melmosa, sofferente. Illuminami nuovi sentieri cullandomi tra sogni arcani e, anche per questa notte stringi salde le mie speranze nel domani.
Nel centro per minori dell’Agrigentino, bambini legati con le catene ai letti, lasciati a digiuno e rinchiusi a chiave. I verbali e i disegni delle vittime che hanno svelato le violenze. Arrestata la responsabile, indagate altre sette persone. Tra loro un consigliere comunale.
di SILVIO SCHEMBRI
“Ieri ero tranquilla, poi sono andata in bagno e ho visto (…) che si mangiava la cacca e poi (…) l’hanno legata con lo scotch mani e piedi e bocca e le hanno messo una coperta di sopra. Gli facevano guai, le mettevano le mollette nel naso, gli davano schiaffi e io avevo paura. Volevo chiamare i carabinieri ma non ci sono riuscita. Ora ho tanta paura che mi fanno del male”. Anche i carabinieri e i procuratori che hanno indagato sulla casa degli orrori di Licata, in provincia di Agrigento, hanno fatto fatica a leggere quel testo scritto da una delle ragazzine ospiti del centro sequestrato ieri. L’inchiesta “Catene spezzate” (condotta dai carabinieri della compagnia di Licata e coordinata dalla procura della Repubblica di Agrigento) ha fatto luce su quella che sarebbe dovuta essere una casa per minori disabili, ma che in realtà avrebbe avuto i connotati di un lager: bambini legati con le catene ai letti, lasciati a digiuno e rinchiusi a chiave in piccole stanze per ore ed ore.
In manette è finita la responsabile di quel centro, Caterina Federico, trentadue anni, di Licata, indagata con altre sette persone (tra cui anche il presidente del consiglio comunale di Favara, Salvatore Lupo, nella veste di amministratore unico della cooperativa per minori), tutte accusate a vario titolo di maltrattamenti e sequestro di persona. Le indagini, nate grazie alla segnalazione delle insegnanti delle vittime, hanno portato a galla un sistema orribile con cui gli operatori di quel centro gestivano i minori ospiti.
Proprio come ha raccontato una delle ragazze alla vicepreside della sua scuola che, non appena ha capito di cosa stesse parlando, non ha esitato ad azionare il registratore del proprio smartphone: “Ci tolgono le chiamate e ci chiudono nella stanza. E poi…”. “E poi, che cosa?” chiedeva l’insegnante alla ragazzina. “E poi danno bastonate a quelli che non hanno le famiglie. E uno lo tengono legato”. Parole che, oltre ad aver inorridito le professoresse, hanno consentito ai carabinieri di far partire le indagini e di mettere fine alle violenze in quella che una delle vittime chiamava “la casa degli orrori”.
Ma ad aiutare gli inquirenti è stato anche il disegno che un altro ragazzo ha realizzato in classe, con il quale la vittima provava a raccontare una fiaba scrivendo accanto: “Una principessa che sta facendo un incubo, in una casa da sola con una strega che tiene tutti i ragazzi in una casa con i suoi complici. Lei è una strega cattiva e crudele che riempie di medicinali quelli che non hanno famiglie, li addormentano e li picchiano. All’improvviso mi sveglio da questo sogno brutto, dove mi rinchiudevano nella stanza, mi levavano le chiamate alla famiglia”. Tutti elementi che hanno convinto gli investigatori a far partire immediatamente le indagini sulla coop “Suami”.