Archivi del mese: dicembre 2016

A CHI SORRIDE ANCORA, NONOSTANTE TUTTO…

A chi è felice, a chi è triste, a chi si sente solo, a chi combatte e non si arrende mai, a chi sta aspettando fuori da una sala operatoria, a chi sta lavorando ed è lontano da casa, a chi sta viaggiando, a chi è libero e a chi è relegato da rabbia e guerra.
A chi ancora sorride nonostante tutto, a chi crede in un domani migliore, a chi sogna, a chi sta dormendo in una casa vuota, a chi la casa non l’ha più.

A chi ama, a chi è stato tradito, a chi sogna un amore, a chi vorrebbe avere vicino la persona che ama e non può, a chi c’è sempre stato, a chi ci sarà.
A voi, a me, bollicine! ^_^  E che 2017 sia, buon anno amici miei!

Lorella Ronconi

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Ti auguro di affrontare sfide e vincerle,

di sfidare il dolore e superarlo il prima possibile,
di gioire delle cose belle e farne la tua forza,
ma sopra ogni cosa,
ti auguro un amore sincero accanto a te
che sappia comprenderti e guardarti negli occhi con amore
per cio’ che sei.
Stephen Littleword

CLAODIN DO GIABBE, IL POETA CHE DIPINGEVA IN VERNACOLO LA SUA SAVONA

Se ami il mare, la poesia, la forza, la bontà, il prossimo, la cultura della tua terra amerai poesie di Mario Scaglia, in arte, Claodin do Giabbe. Questo singolare poeta di Savona, fu scrittore vernacolare appassionato della cultura, delle tradizioni savonesi e liguri.
E’ stato un grande uomo prima di tutto ed artista osservatore, intelligente narratore, della sua gente. Sono affascinata dall’amore, dalla struggente passione che egli aveva per ogni particolare di Savona; Mario Scaglia/Claodin, sapeva dipingere nei suoi versi (talvolta con fermezza, talvolta con tremulanti abbracci, talvolta con ironici rimproveri) colori e sfumature con sonorità del tutto unici.
A 10 anni dalla sua morte (Savona, 19 marzo 1931 – 27 luglio 2006) è onore e gioia pubblicare alcune sue poesie assieme alla storia della sua vita testimoniata da Francesco Scaglia, suo figlio.

Claodin Dö Giabbe – A Mae Taera
E schêuggi, e mâ e çe,
e gente drûa, silenziösa e dûa,
e barche, e rei,
e pâmati, e tremagi,
e câ gianche,
e erbi d’ouiva,
e vento,
che da levante
e da ponente infûria,
ö mae Ligûria!

Scaglia Mario – La Mia Terra
E scogli, e mare, e cielo,
e gente rude, silenziosa e dura,
e barche, e reti,
e palamiti e tramagli,
e case bianche,
ed alberi d’olivo,
e vento,
che da levante
e da ponente infuria,
o mia Liguria!

Francesco Scaglia: “Se non fosse che chi me l’ha chiesto è una amica a cui non sono capace di dire di no probabilmente non l’avrei fatto. Perche’ scrivere del proprio padre, Mario, in maniera obiettiva è come essere obiettivi quando si parla di se stessi, praticamente impossibile.

Non puoi parlare di lui senza ricordare quando ti portava a fare il giro in vespa, in strade ancora da completare, o a prendere la spuma alla bocciofila, o quando andavi con lui nel suo lettone e cominciava ad intristirti con i suoi discorsi sull’essere il bastone della sua vecchiaia, o quando portava il cocomero – l’anguria – a casa ed era festa come avesse portato i dolci più buoni del mondo.

Eravamo una famiglia modesta  e mio padre aveva un sacco di difetti. Il più grosso era quello che per tirare avanti la baracca, oltre alle otto ore dell’officina  del gas andava a servire a tavola al ristorante di Corso Colombo. Così mio padre non lo vedevo molto spesso, e quando lo vedevo passava il tempo tra raccolte di francobolli, libri di fantascienza e storia egizia, letture di storia e dialetto ligure e a scrivere in una lingua strana simile all’italiano ma con segni e  punteggiature che non mi erano mai state insegnate a scuola.

Eravamo poveri perchè la guerra a mio padre aveva tolto quasi tutto, anche il suo di padre, massacrato di botte dalle ronde fasciste mentre tornava la sera a casa dalla sua latteria dove, a detta della gente che li ha conosciuti, “veniva fatto il più buon gelato di Savona”, e finito nella lista delle ronde perchè aveva partecipato agli scioperi del ’29. Così rimane solo con la madre, all’età di dodici anni, nel bel mezzo di una guerra che sembrava non dovesse finire mai, gli studi scolastici ancora da inventare, una gelateria dove la mamma continua a svolgere l’attività in via Boselli, nel centro della città.  

Alla fine arriva la liberazione, finisce la guerra e la famiglia prova a riprendersi. Mario è un ragazzo che i fatti della guerra hanno cresciuto troppo in fretta e lo dimostrerà il suo carattere ribelle. Frequenta il Ginnasio presso il Collegio dei Padri Scolopi a Carcare con profondo interesse.  Nonostante gli ottimi voti in tutte le materie, un giorno in uno scambio di opinioni  troppo schietto con il suo insegnante Padre Cazzullo decide di chiudere il discorso tirandogli contro il calamaio: è già un segnale di  un carattere focoso e istintivo che gli creerà spesso problemi nelle varie fasi della sua vita. Rimandato a settembre in tutte le materie con sette in condotta, non  si presenterà agli esami di riparazione anche perchè nel frattempo la madre decide di cedere l’attività in latteria, ma la sera prima della firma dell’atto i locali vengono svuotati di ogni materiale, compresi i bellissimi e costosissimi lampadari di Murano, dagli stessi sedicenti compratori che fuggono lasciando i muri vuoti ed, ovviamente, l’atto d’acquisto in bianco.

Mario  interrompe gli studi  e si mette in cerca di lavoro, ma non ha molta fortuna: lavori precari, promesse non mantenute, speranze che diventano presto  illusioni e fallimenti lo portano  sempre più a tradurre la rabbia e i sogni su fogli di carta e nascono i suoi primi versi. Ma la vita comunque continua, trova un posto fisso all’officina del gas, incontra sua moglie Giuseppina, la sposa e dopo un anno nasce  mia sorella Daniela.

Siamo nel 1957. Tra lavoro e famiglia ogni tanto trova il tempo per scrivere le sue poesie: timidamente inizia a leggere i suoi scritti ad amici e parenti, che lo incoraggiano a proseguire nella scrittura dei suoi versi, sia  in italiano sia  in dialetto savonese, che poco alla volta diventa la sua vera lingua poetica. Il 1964 è un anno fondamentale, anno di grandi emozioni contrastanti…tutto in un freddo gennaio…la vita, la mia nascita, e la morte, la perdita definitiva della madre, dopo solo una settimana dall’arrivo tanto atteso del maschietto di famiglia.  Il Natale del 1963 (la nonna era caduta quella notte andando a Messa, e non si era più ripresa) diventa l’ultimo Natale, e  il momento dei ricordi di bambino che si infrangono nel mondo degli adulti, e si ritrova a scrivere frasi come “O madre, o madre, sono solo. In cielo sei andata…” (Natale de vei, Natale d’ancheu” – scritta nel 1973), “..è stato l’ultimo giorno di Natale che hai passato con  noi e al ventitrè te ne sei andata via…” (“Natali de vei – Regordo o 1963” scritta nel 1980). Mario lavora sodo ma ha già scritto alcune delle sue poesie più belle in dialetto savonese: O mae ma, breve scorcio di mar ligure nella sonorità dei termini dialettali marinareschi, A mae taera, un acquarello in versi che si sviluppa con pennellate di luce su angoli della liguria. Entra come socio nell’associazione culturale “A campanassa”,   partecipa  ad alcune rassegne di poesia e si classifica terzo assoluto nel 1975 al premio “Laurus” di Stresa,  negli stessi anni ottiene riconoscimenti e piazzamenti d’onore anche nelle gare di poesia organizzate dalla “A Campanassa”, associazione che pero’ lascerà per un’altro dei suoi diverbi focosi.

La svolta pero’ avviene a fine 1976. Un amico, per caso lo invita a duettare in diretta ai microfoni di Radio Savona Sound: leggono poesie di autori savonesi celebri e anche qualche sua poesia utilizzando il nome d’arte Claodin do Giabbe.  L’esordio è un trionfo e i ragazzi di Radio Savona Sound confermano ai due uno spazio domenicale dalle 11 alle 13. Alla seconda puntata Claodin aspetta invano che arrivi l’amico Lu, che nel frattempo si è ammalato, e trasmette da solo ma  grazie a Lu il fortunato programma ha inizio e continuerà ad andare in onda fino alla fine degli anni ’90, quando Claodin  ormai in pensione, indebolito da problemi sempre più seri di salute si ritira in casa a passare i suoi ultimi anni, continuando però a scrivere nel suo amato vernacolo. 

claodindogiabbe

«Con ti, se ne va n’epoca, forse ciû povia de quella che vivemmo […]
l’epoca che se ti parlâvi in dialetto te capivan »
(Mario Scaglia, A-a vegia çiminea, 1975)

Nel torrido calore deI 27 luglio del 2006, decide di raggiungere la “fioria cianua” di una sua poesia per godere un po’ del fresco e della pace eterna di quei luoghi.

Nei due decenni a partire dal 1976 Mario-Claodin si prodiga in miriadi di attività: la sua trasmissione si amplia, oltre alla domenica dove l’appuntamento fisso è con “l’antologia di Claodin” si aprono due inserti serali il martedi e il giovedi sera, e tutte le mattine alle otto allo scalpicciare di una carrozza la sua voce raccontava i fatti della giornata agli ascoltatori di Radio Savona Sound con “l’almanacco del giorno“. E’  vulcanico, organizza serate presso i luoghi di ritrovo più popolari come le società di mutuo soccorso, le parrocchie, le associazioni no profit e culturali, organizza giochi radiofonici, indice gare di poesia, pubblica libri ed almanacchi, scrive periodicamente sul quotidiano “Il secolo XIX” un editoriale dove, in dialetto savonese, riporta alla luce luoghi e modi di dire, personaggi di Savona e semplici cittadini di un tempo, macchiette di quartiere ormai scomparse ma rimaste vive nella mente delle persone. In tutto questo continua fino al momento del pensionamento il suo lavoro all’officina del gas e tutta l’attività viene svolta in modo gratuito, per passione, per l’amore del suo dialetto e della sua terra, coprendo i costi che vengono sostenuti per la stampa dei libri suoi e delle antologie dialettali o del disco inciso con la collaborazione artistica di Ivano Nicolini grazie ad alcune sponsorizzazioni locali, che pero’ talvolta compensava con percentuali dello stipendio non essendo sufficienti a raggiungere il budget necessario.

Nella realizzazione di questo forse involontario progetto locale Claodin riesce a risvegliare un sentimento di amore verso la cultura popolare nella gente, svolgendo al contempo in questo un’operazione di socializzazione che fino a quei tempi era praticamente sconosciuta, richiamando intorno a se’ gente comune, poeti, artisti, musicisti, cantanti, squadre di canto popolari, corali alpine… Socializzazione che era effetto delle radio locali che aprivano a gruppi sempre più ampi di persone le possibilità di confronto e di una libertà che a trent’anni dalla fine della guerra iniziava a fasri maggior spazio in mezzo ad un’ancora assillante censura e modalità di gestione della cultura chiusa secondo canoni restrittivi e moralistici.

L’uso del dialetto gli permette di superare alcuni dei limiti imposti, dove nell’essere voce del popolo gli è concesso di esprimere mugugni e sentimenti che altrimenti non possono trovare sfogo. Nel fare questo, il suo costante riferimento è Beppin Da Cà, Giuseppe Cava, e nell’eterna diatriba relativa all’utilizzo di una grafia ligure lui sposa il modo di scrivere il dialetto che era dei genovesi di fine ‘800 e di Giuseppe Cava. Utilizzerà sempre questa grafia fino all’ultimo, pur dicendo che per lui “non è importante come lo si scrive, ma scriverlo e ancor di più parlarlo”. Ma posso assicurarvi che lui lo ha parlato ed ancor più lo ha scritto… e come potevo a questo punto, trovandomi con migliaia di “scartoffie” scritte a mano o a macchina, piene di personaggi, di modi di dire, di parole disuete, in una lingua quasi arcaica, con poesie così struggenti… come potevo ignorare tutto questo? “

www.claodin.it

Claodin Dö Giabbe – Ö Mae Mâ
S’arsa, s’arröbatta, se rinfranze,
cöre lesto sciû, verso da spiaggia
e za de nêuvo ö törna a spûmezzâ,
arsandöse e abbassandose,
ö mae mâ.

Oua l’é verde, grossö, tömöltöso,
s’infranze in sce l’aenn-a con violensa,
se sente sordo o sêu romörezzâ
lazû in sce-i schêuggi,
ö mae mâ.

Oua o l’é limpido e azzûrro,
con fresche brixe che gh’increspan l’aegöa,
de remme ûn lento, lento sciabordâ,
e veie gianche filanti a l’orizzönte
ö mae mâ.

E gemme argentee, fregogge d’ûniverso,
e a lûnna a se respegia sbarassinn-a
mentre o gh’é e barche che van a-a lampâ
bonn-a pesca figgiêu
in sce-ö mae mâ.

Scaglia Mario – Il mio mare

S’alza, si inciampa, si infrange,
corre veloce su verso la spiagga
e già di nuovo torna a spumeggiare
alzandosi e abbassandosi
il mio mare.

Ora è verde, grosso, tumultuoso,
si infrange sulla rena con violenza,
si sente sordo il suo rumoreggiare
laggiù sugli scogli,
il mio mare.

Ora è limpido e azzurro
con fresche brezze che gli increspano l’acqua,
di remi un lento, lento sciabordio,
e vele bianche filanti all’orizzonte
il mio mare.

E gemme argentee, briciole d’universo,
e la luna si rispecchia sbarazzina
mentre le barche vanno alla lampara
buona pesca, figlioli,
sul mio mare.

Claödin dö Giabbe – A-o vegio flautista

De votte, passandö da Via Piave,
sentö ûn scigöelâ che o me reciamma,
in te l’ostaia lì da-a ferrövia,
ûn pöstö a-a bönn-a, cöscì,
senza preteise,
ûn föndegö de Sann-a
de quelli de ‘na votta.

Ti trêuvi facce
che pôan scörpie in tö legnö,
de gente senza tempo, quaexi antiga.

O gh’è ö pittö, o vegio caafattö,
gh’è l’ortolan, o bottâ,
gh’è ö vegiö penscionou
che ö l’ha sciûsciou bottigge
pe’ ‘na vitta,
gh’è ‘na lavea,
che a se ne sciorbe ûn quartö,
gh’è ö massacan, ö spegassin,
ö pescou, ö battilamma, ö savattin,
gh’è quaexi tûtta a stoia
de Sann-a de ‘na votta,
de facce e gente
che poan quaexi fantasmi,
e ‘n sêunno döçe
se sente in söttöföndö
l’è ûn flauto
che lento ö se fâ stradda
tra ö fûmmö de sigâri,
tra l’aodö dö vin,
sön vegie aiette, sön vegie melodie
sciortie da ûn flaöto doçe
sciûsciae da ûn vegio
che ormai ö l’è fêua dö tempo

Mario Scaglia  – Al vecchio flautista

A volte, passando da via Piave,
sento un fischiettio che mi richiama
nell’osteria li dalla ferrovia
un posto alla buona, cosi’,
senza pretese,
un fondaco di Savona
di quelli di una volta.

Ci trovi facce
che sembrano scolpite nel legno
di gente senza tempo, quasi antica.

C’e’ il pittore, il vecchio calafato,
c’e’ l’ortolano, il bottaio,
c’e’ il vecchio pensionato
che ha soffiato bottiglie
per una vita
c’è una lavandaia
che se ne beve un quarto,
c’e’ il muratore, l’imbianchino,
il pescatore, il fabbro, il ciabattino,
c’e’ quasi tutta la storia
della Savona di una volta
di facce e gente
che sembrano quasi fantasmi,
e un suono dolce
si sente in sottofondo
è un flauto
che lento si fa stradda
tra il fumo dei sigari,
tra l’odore del vino,
sono vecchie ariette, sono vecchie melodie
uscite da un flauto dolce
soffiate da un vecchio
che ormai è fuori dal tempo.

 


IL SORRISO, LO ZAINO PER PORTARE LA GIORNATA NEL DOMANI  

Qualcuno mi ha detto che questa frase è pura falsità, invece io trovo che sia coraggio, forza, regalità, fierezza, amore verso noi stessi e la nostra vita. Perché piangere la propria sventura e fermarsi alla forza ‘di ieri’? Il sorriso, cosa rara ormai, dovrebbe essere lo zaino per custodire la nostra anima nell’oggi ed accompagnarci gioiosi incontro al domani.

© Lorella Ronconi 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

www.lorellaronconi.it 

 

 

 

 


IL 25 DICEMBRE NON È IL GIORNO DELL’OPULENZA 

Perché il 25 dicembre non è affatto il giorno dei regali, degli auguri e del cibo, ma memoria “del bene vero”. Il vero bene nasce e vive nell’amore: vuol dire amare, non regalare o mangiare. Il bene è perdonare, andare incontro, aiutare, stare vicino, accogliere senza giudizio ne pregiudizio… Non riempiamo di auguri virtuali le nostre memorie, ricordiamoci dell’altro anche senza il Natale.  E soprattutto, invece di passare un giorno a tavola, andiamo a trovare chi è solo,  chi è negli ospedali, nelle case di riposo…  Il ‘vero bene’ non sopravvive tra il cibo opulento e le false luci dei bisogni inventati. Buon Natale mondo 🌍 ❤ 🎄 💫 🎶! 

© Lorella Ronconi http://www.lorellaronconi.it 


LA BATTAGLIA CONTRO IL NULLA DI ANDREA BES

“Le uniche barriere che so di non poter superare sono quelle mentali, quelle che fanno credere ai “normodotati” di esserci superiori, mettendo così un abisso di pregiudizi idioti tra loro e noi disabili… per tutte le altre mi bastano tenacia, buona volontà e un po’ di senso pratico” (Andrea Bes)

Andrea Bes, un giovane uomo di Giaveno (To) di grande profondità e generosa creatività, ha pubblicato il suo primo libro “La battaglia contro il nulla” (Echos Edizioni) , una interessantissima raccolta di immagini in parole e sensazioni appuntate nel corso degli anni. Un libro da leggere, interessante, che offre riflessioni importanti, da una differente prospettiva. Andrea, persona intelligenza e forza, è riuscito ad andare oltre gli stereotipi che inquadrano una persona disabile, chiusa in casa, invisibile muta, silente. Andrea, con grande coraggio ed energica passione, si è dedicato alla comunicazione, infatti cura e gestisce diverse pagine/gruppi Facebook e scrive, con collaborazioni, in diversi giornali online, sul tema della disabilità.

impegnativaLa battaglia contro il nulla è una raccolta di sensazioni, di immagini in parole che Andrea Bes ha scritto nel corso di mesi. La vita di tutti i giorni, i ricordi d’infanzia, le difficoltà che la burocrazia impone sono alcuni dei temi che man mano affronta in questo zibaldone di pensieri. Con una scrittura brillante e ironica ci apre gradualmente le porte di un mondo che non si può conoscere, ma soltanto intravedere grazie alla sua guida. Talvolta sono percezioni improvvise, parole che scaturiscono inaspettate da un disagio o da una grande gioia. Altre volte sono frutto di lunghe riflessioni, di analisi accurate di ciò che il confronto con il mondo non può che provocare, in una mente sensibile e recettiva come la sua. In altri casi ancora, questi brevi scritti sono una sofferta ricostruzione di ciò che non sempre è facile delineare, finché non viene tradotto in parole, non viene messo nero su bianco.

Autore:

Andrea Bes è nato a Giaveno, dove risiede tutt’ora, nel 1975. Affetto da SMA III (Atrofia Muscolare Spinale, di tipo III), malattia che gli viene diagnosticata nel 1977, conduce una vita attiva come gestore di pagine,  gruppi Facebook e collaboratore di giornali on-line sul tema della disabilità.

Editore: Echos Edizioni

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VOGLIO MULTE SALATE X CHI RISTRUTTURANDO NON TOGLIE GLI SCALINI!  

#riflessionidalletto  

Questo argomento è troppo importante

Vi auguro una buona settimana estiva: I DISABILI NON VERRANNO NEI VOSTRI LOCALI, vi sentite meglio vero? Buona settimana, #buonanotte, a tutti coloro che, pur avendo le condizioni per ristrutturare un esercizio pubblico (legislative, istituzionali, funzionarie, governative, e via dicendo), applicando le normative in materia di accessibilià, non lo fanno. Dedicato a tutti i miei amici disabili che rimangono fuori.

Ecco le normative nel sito della Camera dei deputati aggiornate il 26 aprile 2016:

AIUTATECI, diffondete e condivitete, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti!



STASERA BUONANOTTE ANCHE A ME 

Stasera buonanotte anche a me, al sonno, al soffitto guardone, e ancora più su, alle stelle cadenti. Buonanotte alle donne e agli uomini attenti, buonanotte alla luna 🌙 alla poca fortuna 🍀 buonanotte a chi piange ma ha speranza nel cuore ❤. Buonanotte. Buonanotte a chi non smette di credere alla forza dell’amore.  

© Lorella Ronconi


3 DICEMBRE, XXXV° GIORNATA INTERNAZIONALE SULLE PERSONE CON DISABILITA’

La Giornata è un appuntamento che è stato istituito nel 1981 con lo scopo di promuovere una più diffusa e approfondita conoscenza sui temi della disabilità, sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni ambito della vita e allontanare ogni forma di discriminazione e violenza. Abbattere le barriere fisiche e psicologiche: un solo motto per la Giornata della Disabilità. Nel mondo sono circa un miliardo. In Italia quasi 3 milioni.

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L’intenzione della Giornata è di creare un momento di riflessione e discussione sul tema della disabilità da tutti i punti di vista: politico, civile, sociale, educativo e medico. Quest’anno, inoltre, ricorre il decimo anniversario della Convenzione Onu sui diritti delle Persone con disabilità, e la Giornata rappresenterà quindi un’importante occasione per fare il punto su cosa sia cambiato effettivamente nei 166 paesi che l’hanno ratificata.
L’iniziativa è stata istituita nel 1981, l’Anno Internazionale delle Persone Disabili, per promuovere una più diffusa e approfondita conoscenza dei temi della disabilità, per sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni ambito della vita e per allontanare ogni forma di discriminazione e violenza.

Dal luglio del 1993, il 3 dicembre è diventato anche Giornata Europea delle Persone con Disabilità, come voluto dalla Commissione Europea, in accordo con le Nazioni Unite.

NEL MONDO 1 MILIARDO DI PERSONE CON DISABILITA’, IN ITALIA 3 MILIONI

Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità, nel mondo ci sarebbero più di 1 miliardo di persone con una disabilità, circa il 15% della popolazione mondiale vive con qualche forma di disabilità . Almeno un quinto di questi, circa 110-190 milioni di individui, è costretto ad affrontare difficoltà «molto significative» nella vita di tutti i giorni. Inoltre, le percentuali di disabilità stanno aumentando, a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento globale delle malattie croniche. In Italia invece l’Istat stima che siano 3 milioni i disabili, il 5% della popolazione. Circa 700mila persone hanno problemi di movimento, oltre 200 mila difficoltà sensoriali, quasi 400mila limitazioni che impediscono le normali funzioni della vita quotidiana.

IN ITALIA MOLTI DISABILI E FAMIGLIE LASCIATI SENZA SOSTEGNO  

Dei 3 milioni di disabili, solo un milione e centomila fruiscono di indennità di accompagnamento. Oltre 200 mila adulti vivono ancora in istituto o in RSA, spesso in condizioni segreganti. Molte altre invece vivono “segregati” in casa, a causa dell’assenza di sostegno e supporto, se non al massimo quelli della famiglia. Il 70% delle famiglie con persone con disabilità non fruisce di alcun servizio a domicilio. Meno di 7 disabili su 100 contano, infatti, su forme di sostegno presso la propria abitazione. Questo significa che nella maggior parte dei casi le famiglie gestiscono da sole quello che i servizi non offrono.

QUI LA SPESA PER LA DISABILITA’ E’ AL DI SOTTO DELLA MEDIA EUROPEA  

In effetti il nostro paese, spende poco per la disabilità: secondo l’Eurostat, la spesa è di 430 euro procapite, posizionandosi al di sotto della media europea di 538 euro nella parte bassa della classifica. La spesa media annua dei comuni per disabile è inferiore ai 3mila euro l’anno con una spesa giornaliera di 8 euro. Profonde sono le disparità territoriali. Basta pensare che la Calabria spende circa 469 euro contro i 3.875 del Piemonte. Ma quello che maggiormente influenza negativamente la vita dei disabili è l’esclusione. Si stima che meno di un disabile su cinque lavori, con conseguenze sulla realizzazione personale e anche economiche. Infatti, la disabilità è uno dei fattori principali di impoverimento. La Giornata di domani servirà anche a puntare i riflettori su tutti gli aspetti migliorabili per favorire l’integrazione e l’inclusione delle persone disabili in Italia e nel mondo.

Di VALENTINA ARCOVIO  From lastampa.it

Ogni anno la Giornata ha un tema e per l’edizione 2016 è stato scelto il raggiungimento dei 17 Obiettivi per il futuro che vogliamo, i cosiddetti Global Goals for Sustainable Development da raggiungere entro il 2030. L’iniziativa è stata lanciata e promossa dall’ONU nel settembre del 2015 per promuovere lo sviluppo internazionale in modo sostenibile e trasformare il nostro mondo.

I 17 obiettivi riguardano:

1.Lotta alla povertà;
2. Lotta alla fame;
3.Promozione della salute e benessere per tutti e tutte le età;
4. Accesso ad un’istruzione di qualità;
5. Parità di genere attraverso l’emancipazione delle donne e delle ragazze;
6. Acqua pulita e servizi igienico-sanitari… Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienico-sanitari;
7. Energia rinnovabile e accessibile… Assicurare la disponibilità di servizi energetici accessibili, affidabili, sostenibili e moderni per tutti;
8. Promozione dell’occupazione e di una crescita economica inclusiva, sostenuta e sostenibile, per tutti;
9. Promozione dell’innovazione e delle infrastrutture;
10. Riduzione delle diseguaglianze all’interno e tra i Paesi;
11. promozione di città e comunità sostenibili;
12. Utilizzo responsabile delle risorse;
13. Lotta al cambiamento climatico;
14. Utilizzo sostenibile del mare;
15. Utilizzo sostenibile della terra;
16. Promozione di Pace e giustizia;
17. Partnership per lo sviluppo sostenibile.

Chiaramente i 17 Obiettivi saranno analizzati con una chiave interpretativa che riconduce ai veri protagonisti della Giornata: le persone con disabilità.
From ens.it

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