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IL 1968, L’ITALIA, GROSSETO ED BIMBA ‘ANORMALE’ IN UNA SCUOLA NORMALE.

“LEI VA CONTRO OGNI BUONSENSO” DISSE UN “CAPOCCIONE” ALLA MADRE INTESTARDITA, “SE NE PENTIRÀ!”

I maestri elementari sono veri eroi!

#riflessionidalletto. In un momento estremamente difficile e triste, un ri-incontro magico, uno dei due maestri delle elementari, Francesco Prunai 😱🌹🙂.

QUANTI ANNI FA? Nel 1968 la mia prima 1⃣° elementare, nel 1973 la 5°, per cui… Ne ho 56, quanti sono? #CAPITE?! Io ho fatto la prima elementare nell’anno domini in cui il movimento del ’68 fece eco in Italia 🇮🇹!!! Fui la prima bimba ‘piccina’ ad essere inserita a #Grosseto, in una scuola normale, che mi volle ed in una classe “sperimentale normale” (si diceva così) composta solo da #femmine ♀, con la mia maestra Pezzi che mi accettò (❤️ la mia fata ) con grande responsabilità e coraggio.

➡️ GRAZIE A MIA MAMMA PER IL GRAN BATTERSI PER IL MIO INSERIMENTO ‘IN UNA CLASSE NORMALE’.

NEL 1968 ESSERE IN PRIMA ELEMENTARE CONTRO OGNI BUON SENSO

Mia #mamma Andreina pianse, bussó porte e camminò chilometri a piedi per uffici, le dettero della sciagurata e incapace di crescermi. Girò per tutte le scuole elementari ‘normali’ della città ma non volevano responsabilità i direttori. Infine la svolta, in via Brigate Partigiane, il SI con la maestra Maria Elena Pezzi che accettò con gioia, ed ebbi il primo giorno di elementari anche io. Queste cose non le ho sapute che da grande, nessun insegnante o persona mi ha mai fatto sentire fuori luogo o #straniera.

➡️ Grazie alla MIA maestra PEZZI che mi accettò e il maestro PRUNAI. Lavoravano in step e mai hanno dubitato sulla scelta fatta.

Queste cose non le ho sapute che da grande, nessun insegnante dell’epoca mi aveva mai fatto sentire fuori luogo o #straniera. L’#Italia è stato uno dei primi stati in Europa a superare le scuole “differenziali”; sino alla prima metà degli anni Sessanta i disabili nel nostro paese venivano educati negli “Istituti speciali”, come nel resto d’Europa e del mondo. In un modo veramente straordinario l’ondata sessantottina s’abbatté anche sulle nostre scuole speciali, tacciandole di rappresentare un sistema chiuso, senza un libro uguale per tutti, accusandole di essere un vero e proprio ghetto.

Fu’ così che il 30 marzo 1971, con l’approvazione della legge n. 118, si stabilì per legge che anche gli #alunni #disabili dovessero adempiere l’obbligo scolastico nelle scuole comuni, ad eccezione di quelli più gravi. Naturale e scontata conseguenza della ventata rivoluzionaria fu la chiusura degli Istituti speciali, disposta con la Legge 360 dell’11 Maggio del 1976, cui seguì l’anno dopo la legge 517 che introdusse in Italia il principio dell’inclusione per tutti gli alunni disabili della scuola elementare e media dai 6 ai 14 anni. Infine, la sentenza della #Consulta n. 215/87 sancì il riconoscimento del pieno ed incondizionato diritto allo studio per tutti gli alunni/studenti con disabilità, anche in condizioni di gravità, nelle scuole secondarie superiori. A Grosseto, in quel fatidico 1968 furono create due classi sperimentali e i due maestri si trovarono uniti ‘del movimento sessantottino in insegnamento #instep. Il maestro Prunai aveva tutti i #maschi ♂, la Pezzi le bimbe. Che eccellenze, ecco dei #VERIEROI🎖️Insieme mi crebbero senza paura, con rispetto, dolcezza, fermezza ma grande dedicazione, come una figlia (tutti eravamo figli), insegnando anche agli altri bambini il #valore della #differenza.

GRAZIE MAESTRI 🙏 ! A nome di tutti quei bimbi che hanno avuto l’#opportunità di crescere in condizioni di #uguaglianza. La nostra #scuolamigliore 🏫 è fatta anche da tutti i maestri elementari così dediti, indomiti verso l’insegnamento di quella #cultura (che non è diventare famosi, avere titoli per sé stessi) impastata di #amore, #educazione e interesse per bene di ogni bambino che hanno sotto le ali.

Grazie maestro Prunai, grazie maestra Pezzi, ❤️ mi avete regalato tanta vita 🌱 capacità e… normalità. Dopo i miei genitori e nonni, siete le mie radici 🌱 🌈!

#6febbraio2019 #movimento1968 #elementari #disabilità #senzabarriere #illussodelladifferenza

© Lorella Ronconi 2019


SIMONE NORIA,INGEGNERE DISABILE: “NON AVETE IDEA DELLE POTENZIALITA’ CHE PUO’ AVERE UNA PERSONA DISABILE

“Io, ingegnere disabile, con un software permetto a chi è come me di comunicare. La tecnologia cambia la vita”

Simone Soria ha 36 anni e dalla nascita non cammina, non usa le mani, “e per di più – dice – articolo le parole a fatica”. Ha creato FaceMouse – programma che consente di scrivere al pc grazie a una webcam – e nel 2005 ha fondato Aida, l’unica realtà italiana che si preoccupa di ideare, realizzare e proporre soluzioni efficaci per i disabili motori gravi. E le sue idee sono arrivate fino in Giappone e Ucraina.

“Non avete idea delle potenzialità che può avere un disabile”.

Capelli scuri, occhi vispi, e il sogno di cambiare il mondo. Simone Soria ha 36 anni e nella vita fa l’ingegnere. Dalla nascita è affetto da disabilità motoria grave: non cammina, non usa le mani, “e per di più – dice – articolo le parole a fatica”. Nulla di tutto questo lo ha fermato. Da più di dieci anni, infatti, Simone sviluppa software per migliorare la vita deidisabili nella sua stessa situazione. E insieme alla sua cooperativa, Aida, gira l’Italia in lungo e in largo per assisterli. Spingendosi fino in Ucraina, Isole Mauritius e Giappone. “Grazie alla tecnologia possiamo cambiare la vita di tantissime persone”, spiega.

Tutto ha inizio in terza elementare, quando un operatore dell’Asl gli propone di utilizzare il computer in classe. “Fu l’inizio di una splendida avventura”, ricorda. Grazie ad un caschetto particolare, Simone riesce infatti a utilizzare la tastiera in maniera efficiente. Alla maturità si presenta con una tesina sulla Casa intelligente, quando la domotica era agli albori. Da lì la decisione di iscriversi al corso di laurea inIngegneria Informatica.

“Ero il primo disabile motorio grave a intraprendere questo percorso – racconta –. Le barriere istituzionali erano molte, e a volte erano azioni di ostruzionismo”. Come tesi di laurea, invece, Simone presenta FaceMouse, un programma ideato e realizzato di propria mano, che permette di utilizzare ilcomputer e di scrivere muovendo una qualunque parte del corpo davanti ad una comunissima webcam. L’elemento piùinnovativo è rappresentato dal fatto che si può interfacciare con qualunque movimento della persona, un po’ come l’acqua che prende la forma del contenitore che la raccoglie.

Nel 2005, la svolta. Simone decide di mettere le sue competenze a disposizione dei disabili e delle lorofamiglie. È lì che nasce la cooperativa sociale onlus Aida, acronimo di “ausili ed informatica per disabili e anziani”, l’unica realtà italiana che propone e realizza soluzioni efficaci per i disabili motori gravi. Da Aosta a Trapani, Simone e le 5 persone del suo team incontrano disabili e le loro famiglie in giro per l’Italia. “Il nostro obiettivo è proprio quello di permettere anche ai disabili gravi di essere inclusi nellasocietà, nella scuola e nel lavoro”. Ad oggi, dopo 10 anni di attività, sono stati aiutati più di 400 persone, “ma potremmo raggiungerne molte altre”, aggiunge.

E non è tutto. La tecnologia sviluppata da Simone è arrivata fino in Giappone. I primi contatti ci sono stati nel 2005, quando un ricercatore dell’istituto governativo Nise (National Institute for Special Education) lo ha invitato a Yokosuka per sperimentare FaceMouse con alcuni bambini disabili gravi. Il software, inoltre, ha ricevuto diversi riconoscimenti relativi a innovazione e utilità sociale, tra cui il brevetto internazionale, il marchio in Cina, Giappone ed Europa. “All’estero stiamo lavorando soprattutto in Giappone, con l’aiuto di mia moglie come interprete. Ma siamo stati anche a Shanghai e Pechino in occasione di Expo 2010, abbiamo aiutato ragazzi in Ucraina, nelle Isole Mauritius e in Francia. Stiamo preparando un sito internet multilingue per proporci in modo più sistematico”.

L’ostacolo più difficile da superare rimane ancora la “diffidenza di molti genitori di bambini disabili”, inclusi medici e professionisti dell’handicap in genere. C’è poi da fare i conti con l’indifferenza e lanegligenza: “Quanti problemi si risolverebbero – dice – se, ad esempio, ogni insegnante ed educatorescolastico mettesse un po’ di impegno e spirito d’iniziativa nel lavorare con lo studente disabile”.

“Sogno di formare educatori ed insegnanti di sostegno pronti a valorizzare le capacità del proprio studente”

Dopo la laurea (con lode), il matrimonio, una battaglia vinta contro il cancro, Simone ha ancora voglia di lottare. E i suoi progetti non si fermano: oltre a FaceMouse ora c’è da testare EasyMath, un software di matematica che permette di scrivere formule in modo semplice ed intuitivo. Ma anche Fabula, una tastiera virtuale utilizzabile con un dito che permette di comunicare, scrivere e giocare con il pc. “Spesso nelle scuole i disabili sono solo parcheggiati in classe e abbandonati a se stessi –  racconta – Io sogno di formare educatori ed insegnanti di sostegno pronti a valorizzare le capacità del proprio studente”. Prossima fermata? Simone sorride: “Andiamo fino ai confini del mondo”.

TRATTO DA www.ilfattoquotidiano.it


FERRARA, MADRE RITIRA DALL’ASILO LA FIGLIA PERCHÈ L’INSEGNANTE È DISABILE E AFFERMA: “VOGLIO CHE MIA FIGLIA FREQUENTI L’ASILO NON UN CENTRO PER DISABILI!”

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LA STORIA DI CARLOTTA CHE DA CAGLIARI RISPONDE A QUELLA MADRE DI FERRARA CHE HA FATTO UN GESTO TERRIBILE CON PAROLE RAZZISTE, CARLOTTA LAVORA IN UN ASILO, È MOLTO PREPARATA ED È FELICE.

Carlotta, 20 anni, stupenda assistente ad una scuola per l’infanzia, affetta da sindrome di down, ma diplomata al liceo psicopedagogico , risponde dai media a quella madre che ha portato via dall’asilo sua figlia perché l’insegnante aveva la sua stessa patologia.

“Voglio che mia figlia frequenti un asilo, non un centro disabili”.
Una frase dura, perentoria, pronunciata di recente da una mamma di Ferrara che ha deciso di ritirare sua figlia da un asilo perché non venisse affidata a una maestra con la sindrome di Down, 36 anni, qualificata e impiegata in quell’istituto da 6 anni.

Carlotta Sanna, 20 anni, originaria di Quartu Sant’Elena, in provincia di Cagliari, a quella madre risponde così dalle pagine degli organi di informazione locali:
“Ogni mattina accolgo i bambini che arrivano e li aiuto a sistemare gli zaini negli armadietti. In sala mensa apparecchio, sparecchio e aiuto i più piccoli a mangiare, dopo averli assistiti nelle attività ricreative coi disegni e i colori. Due volte alla settimana mi occupo di attività di segreteria: rispondere al telefono, inviare email e fax, distribuire fotocopie nelle varie classi”.carlotta-sanna-maestra-down

Beh – ci si potrebbe chiedere – cosa c’è di eccezionale in tutto ciò?

Forse il fatto che Carlotta, proprio come quella maestra di Ferrara, è affetta dalla sindrome di Down.

Conseguita la maturità al liceo psicopedagogico di Cagliari con il massimo dei voti, la giovane -occhi azzurri, capelli biondo cenere, sorriso vispo e sguardo limpido -lavora da qualche tempo come assistente presso la scuola d’infanzia Sacro Cuore, dopo aver partecipato a un progetto regionale di inserimento professionale.

“Una assistente Down è perfettamente in grado di offrire ai bambini assistenza e affetto al pari di chiunque altro faccia questo mestiere”, spiega Carlotta Sanna.
“La mia collega di Ferrara è perfettamente in grado di svolgere i propri incarichi, e a quella madre dico solo che sta privando la figlia di una importante occasione di confronto e crescita“.

Tipa tosta, Carlotta, una che ha la competizione nel sangue, come ha dimostrato in occasione della medaglia d’oro nella ginnastica vinta ai Giochi Mondiali Special Olympics, andati in scena a Los Angeles lo scorso luglio.
carlotta-sanna-special-olympicsGinnasta dall’età di 8 anni, la ragazza racconta:

“Con mia madre, anche lei ex atleta, guardavamo assieme le gare internazionali in tv. Così ho iniziato ad allenarmi nella sua palestra di un tempo, con lo stesso allenatore. Essere arrivata fino in fondo ai Giochi Mondiali è stato come realizzare un sogno, ma anche vedere premiati anni di sacrificio e impegno. I miei risultati sono la prova che anche le persone con handicap possono dare un grande contributo alla società”.

Ma non finisce qui: l’attivissima Carlotta ha ancora altri sogni nel cassetto:

“Una mia grande passione è quella per il teatro. Ricordo l’emozione della prima volta sul palco, potrei decidere di studiare per diventare un’attrice”, rivela.
Ma la ginnastica resta il primo amore:

“Spero di affermarmi nel campo dello sport, per raggiungere una posizione che mi consenta di gestire al meglio la mia vita e quella dei miei familiari”.

Davvero una tipa tosta, questa Carlotta Sanna, non c’è che dire…

 

Fonte www.contactsrl.it


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