𝐂𝐢𝐚𝐨. 𝐏𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐩𝐨’ 𝐝’𝐚𝐫𝐢𝐚 𝐢𝐧 𝐠𝐢𝐫𝐨?
Vedi quante brave persone ti #portano a spasso?
𝐂𝐡𝐞 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐡𝐞 #𝐞𝐫𝐢, 𝐩𝐞𝐜𝐜𝐚𝐭𝐨…
Ma voi la fate la #pipì?
𝐌𝐢 𝐝𝐢𝐬𝐩𝐢𝐚𝐜𝐞, 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐞𝐧𝐭𝐫𝐚𝐫𝐞, 𝐦𝐚 𝐬𝐞 𝐯𝐮𝐨𝐥𝐞 𝐥𝐚 #𝐭𝐢𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐬𝐮 𝐧𝐨𝐢.
Eh, sei una grande, #voi ci date coraggio per tirare avanti.
𝐒𝐞𝐧𝐭𝐢, 𝐮𝐧𝐚 𝐝𝐨𝐦𝐚𝐧𝐝𝐚, 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐞̀ 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨? 𝐂𝐢 𝐬𝐞𝐢 #𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐨𝐩𝐩𝐮𝐫𝐞….?
<<Ingresso Libero>>
𝐒𝐢𝐠𝐧𝐨𝐫𝐚, #𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐢, 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐚 𝐩𝐮𝐫𝐞 .
#Ascolti, la signora con lei comprende (rivolto all’assistente)?
#𝐒𝐞𝐧𝐭𝐢, 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐨𝐬𝐚….
3 Dicembre 2022, nell’ ennesima Giornata sui #𝗗𝗜𝗥𝗜𝗧𝗧𝗜 delle persone con #disabilità (e non sui disabili!) viviamo in una profonda ignoranza culturale. Mi sento ancora dire quanto sopra, e molto altro, ma se ve lo dicessi a voi, cosa pensereste di me?
Tanti anni di battaglie ma stereotipi, tabù e luoghi comuni rimangono pressoché gli stessi: quali sono le #battute che vi son capitate o che avete sentito dire?
Allego di seguito appunti tratti da Per riassumere, vi inserisco una tabella ben fatta tratta dal portale webacessibille.orgFanpage.it
𝐃𝐮𝐧𝐪𝐮𝐞, 𝐞̀ 𝐨𝐫𝐫𝐢𝐝𝐨, 𝐬𝐛𝐚𝐠𝐥𝐢𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐢𝐫𝐞:
– diversamente abile/con diverse abilità;
– non vedente/non udente/non deambulante;
– inabile, invalido, meno fortunato, speciale, poverino.
– Persone speciali/eroi (il massimo del pietismo e della compassione, il modo migliore per discriminare chi vorrebbe essere trattato in modo semplice.
𝐄̀ 𝐜𝐨𝐫𝐫𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐢𝐫𝐞:
– persona con disabilità;
– cieco/sordo/persona con disabilità visiva/persona con disabilità uditiva/persona con cecità/persona con sordità.
INOLTRE:
Diresti mai che “tutti quelli biondi” o “tutti quelli che mangiano l’insalata” sono speciali? Non credo, perché tra i biondi ci sono persone buone ma anche cattive, gente simpatica o antipatica: e allora perché non dovrebbe valere lo stesso, ad esempio, con i ciechi?
Evidenziare e anteporre la “persona”, non la disabilità: io non sono la mia carrozzina, per cui non chiamarmi “disabile” ma “Lorella”, al massimo “Lorella, una persona con disabilità”.
La disabilità non è una malattia, non è la disabilità a provocare sofferenza ma l’impossibilità di fare certe cose quando ci scontriamo con un contesto sfavorevole. Evitiamo un linguaggio compassionevole e sensazionalistico: niente “costretto sulla carrozzina” (si dice “persona che si sposta in carrozzina”), “affetto da…”, “soffre di…” (si dice “persona con…”), e altro ancora.
Se non vogliamo discriminare dobbiamo parlare di disabilità in modo spontaneo e diretto, chiamando le cose col loro nome senza girarci intorno e senza addolcire con il politicamente corretto. Niente “diversamente qualcosa” (es: diversamente abile) e niente “non qualcosa” (es: non vedente): si dice cieco, sordo, persona con disabilità.
Quello di “normalità” è un concetto che non significa niente, di conseguenza i “normodotati” non esistono: siamo tutti disabili o particolarmente abili in qualcosa.
Usare la disabilità come insulto è stupido: se appelli qualcuno come “disabile!”, “handicappato!”, “cerebroleso!” o peggio ancora “mongoloide!” (termine vecchio e offensivo) non sei una bella persona.

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